Quando ho saputo che avrei dovuto parlare ad un gruppo di genitori e di insegnanti di bambini così piccoli ho subito pensato che mi sarebbe piaciuto discutere dell’importanza del gioco nello sviluppo dei bambini e delle persone.
E’ un argomento che mi stimola particolarmente, perché spesso mi sono trovato ad osservare con coinvolgimento i bambini intenti in questa attività: penso sia capitato a molti di noi di rimanere ammirati davanti all’eccitazione con la quale un bambino di pochi mesi sente il suono di un sonaglietto che scuote con la manina, oppure davanti alla gioia trionfale con la quale un bambino si alza per le prime volte in piedi appoggiandosi al muro, o inizia a correre instabile da una parte all’altra della stanza o nel vedere la spontaneità con la quale un bambino gioca con il suo bambolotto preferito.
Spesso però una nostra parte più razionale è poco convinta e conosce poco come quel tipo di piacere possa essere effettivamente importante per la vita. Molti adulti sono convinti che ad un certo punto è necessario smetterla di giocare , e dedicarsi alla realtà e alle necessità che la vita impone. Ad esempio, ad un certo punto è necessario iniziare la scuola e apprendere.
E’ soprattutto a questa parte adulta più razionale di voi che parlo questa sera, essendo convinto che il bambino che c’è dentro ognuno di voi ( più o meno nascosto e vitale ) sente già l’importanza del gioco in tutta la sua portata.
Il gioco e l’apprendimento.
Spesso un bambino viene portato dallo specialista per un così detto ‘disturbo dell’apprendimento’. Questo accade soprattutto nell’ultimo anno di asilo o con l’ingresso in prima elementare: il piccolo ad esempio non ‘riconosce le lettere ’ oppure ‘non legge la parola tutta insieme” o ‘ non riesce a stare attento in classe”.
Il problema viene inquadrato e in qualche caso raro si rilevano delle possibili sindromi genetiche , oppure delle alterazioni a livello neurologico. In moltissimi casi però non è presente alcuna alterazione .
In molti di questi bambini, raccogliendo la storia della loro nascita e della loro crescita (di come è stato concepito, nutrito, accudito , svezzato ecc.) emerge che non si tratta di un problema di ‘intelligenza’ del bambino, ma spesso del fatto che il bambino non ha potuto mantenere viva la capacità di ‘giocare’ e quindi non ha potuto ‘ giocare ad apprendere ‘ e sviluppare di conseguenza alcune sue capacità cognitive.
Ma che cos’è il gioco e quali sono le caratteristiche del gioco che lo rendono fondamentale per la crescita emotiva e mentale di ognuno di noi?
E quali sono i fattori che favoriscono questo? Cioè che il gioco diventi una forma vitale di crescita e di sviluppo?
Infine quali sono i suoi destini, ovvero dove si colloca l’area del gioco nella vita di un adulto sano?
Tenterò ora di fornire una risposta a queste tre domande.
Il gioco inizia presto, ed è una parte centrale della vita del bambino fin dalla primissima infanzia. Esso è molto legato al comportamento di curiosità , sia nell’uomo che negli animali.
Un bambino nelle prime fasi gioca con le dita delle mani e dei piedi emettendo suoni e balbettando. Ma questo è anche ‘apprendimento’ :giocare con il proprio corpo è un mezzo per acquistare la conoscenza di sé , per ottenere una sensazione di sé come persona separata dalla madre che anch’essa viene esplorata in modo giocoso.
Il gioco è il mezzo con cui il bambino impara qualcosa di sè , del mondo e delle persone che lo circondano. Esplora oggetti sconosciuti ed ‘entra in intimità con loro’
Giocando ad esempio con costruzioni, cartoni, cucchiai o batuffoli di cotone , il bambino impara le qualità di questi oggetti differenti, le loro forme e dimensioni , somiglianze, differenze, la loro struttura e il colore. Egli acquista anche la capacità di maneggiarli , edificando torri con le costruzioni, battelli e case. Ogni cosa che gli viene in mano sarà adoperata per giocare : dai tegami e scatole di cartone vuote , ai giocattoli più tecnologici o raffinati.
Del pari, il bambino impara tramite il gioco a conoscere la gente e le loro occupazioni. Molta parte del gioco del bambino piccolo consiste nell’imitare le occupazioni dei genitori. Accudendo le proprie bambole, vestendole e svestendole, la bambina impara a diventare più abile ad abbottonarsi e sbottonarsi i propri vestiti; giocando a pulire la stanza come fa la mamma, impara in realtà come si fa a pulire una stanza. Nel gioco imitativo, quando il bambino assume differenti ruoli (madre, padre, insegnante) egli può verificare alcune delle proprie idee su quella data persona. Se egli gioca con un altro bambino che anche lui sta svolgendo un ruolo, può imparare, nello scambio reciproco del gioco comune , aspetti dei rapporti ai quali non aveva pensato prima.
Il gioco aiuta il bambino non solo ad acquisire conoscenze e abilità ma anche a riconoscere e a trattare con i propri sentimenti . Porterei come esempio il gioco universalmente diffuso del ‘cucù’ che ha a che fare con i sentimenti del bambino relativi alla separazione dalla madre:
E’ illuminante osservare i bambini che eseguono tali giochi nelle diverse fasi della loro crescita. La madre si copre la faccia con un panno; il bambino guarda ed aspetta , leggermente perplesso se essa non riappare abbastanza presto, o addirittura ansioso; infine gorgheggia di piacere quando il volto materno ricompare. A volte , poco tempo dopo , egli stesso si diverte a nascondere la propria faccia dietro una coperta per poi farla riapparire. Molti ulteriori giochi della fanciullezza riprendono in innumerevoli versioni il gioco del cucù : del tipo “ dove sta il pupo? “ e “ dove sta la mamma?” In seguito esso si sviluppa nel giuoco del nascondere e del cercare.“
Il bambino cresce in questo modo a livello emotivo : “ mia mamma se ne va e poi ritorna. A questo io e lei possiamo giocare. Non c’è pericolo.”
Le angosce relative all’essere abbandonato sono affrontabili. Anzi il bambino che può giocare con i sentimenti della madre che se ne va potrà rimanere allo spazio giochi e portando dentro di sé ( senza saperlo) la fiducia che il volto della madre ricomparirà magari sorridente dopo qualche ora.
Questo gli permette di dedicarsi nel frattempo con curiosità a ciò che gli sta attorno e sviluppare la sua intelligenza.
Una delle caratteristiche del gioco è la ripetitività e la variazione su ciò che è ripetitivo. Questa è una caratteristica importante per l’apprendimento.
Ad es se noi camminiamo con le dita sul braccio del nostro bambino fino ad arrivare a pizzicarli il naso e lui ne è divertito, noi ripeteremo quella sequenza perché godiamo che lui ne rida. La ripetiamo uguale fintanto che, ogni volta, lui ne ride. Quando la sequenza diventerà ‘conosciuta’ , allora lui ne riderà di meno e allora faremo delle variazioni, più ‘inaspettate’ : ad esempio prima di dargli un pizzichino sul naso gli toccheremo la fronte. Questo diverte ulteriormente il bambino che impara una variazione su qualcosa di ormai conosciuto.
La ripetitività permette di rafforzare ciò che si apprende. Inoltre la sperimentazione di varianti permette di approfondire la conoscenza.
Un altro esempio potrebbe essere quello di e un bambino ‘esplora’ un giocattolo a tasti che produce suoni: questo continua a schiacciare il tasto che produce un muggito fin tanto che tale suono lo sorprende e lo diverte. Quando lo ha appreso passa ad un altro tasto oppure a schiacciare dopo il tasto del ‘muggito’ un altro in sequenza: fare variazioni gli permette di ampliare la sua conoscenza rispetto a quell’oggetto che ha molti aspetti da ‘scoprire’.
Passiamo ora alla seconda domanda, nella quale ci siamo chiesti se esistono dei fattori che favoriscono una crescita del bambino vitale e giocosa.
Questi fattori esistono e risiedono in quello che viene chiamato ‘l’ambiente‘. Un bambino inizialmente ha come ‘ambiente’ la propria madre. Senza di essa non potrebbe vivere. Lei è il suo ambiente. Man mano che cresce ‘l’ambiente’ si allarga e include man mano le persone e la realtà familiare e l’ambiente fisico come la stanza e la casa.)
Se l’ambiente non si è adeguato sufficientemente alle necessità fisiologiche ,naturali, del bambino l’istinto del gioco non trova una via di sviluppo.
Per farvi capire porterò alcuni esempi.
Può capitare per esempio che una madre trovi difficile lasciare andare il bambino alla scuola materna: una madre depressa potrebbe avere bisogno che il bambino la faccia sentire viva e ‘riempia’ la sua casa e il suo tempo. La prospettiva del vuoto e del silenzio in casa , la prospettiva del bambino che incomincia a crescere e a diventare più indipendente e staccato da lei può preoccuparla. Quindi possiamo avere dei bambini che ‘riempiono’ con la loro necessità di essere accuditi e rimangono infantilizzati e incapaci di affrontare la separazione, oppure bambini che riempiono con la loro voce i loro strilli e la loro esuberanza motoria tutto ciò che è silenzio e mancanza di movimento. Non c’è stata la possibilità di giocare con la madre a separarsi. Questi sono bambini potenzialmente intelligenti , ma per loro si chiude la possibilità di gioco e di esplorazione e rimangono ‘indietro’ . Inoltre non possono sviluppare una maniera più ‘fine’ di avere a che fare con i loro sentimenti . E’ importante che questo voi lo sappiate, perché spesso l’ambiente dell’asilo e dello spazio giochi fa fatica a comprendere la vera sofferenza di questi bambini , soprattutto quelli iper-attivi e con difficoltà nel mantenere l’attenzione.
Altre volte , come dicevo, sempre relativamente ad analoghe situazioni ‘ambientali’ i bambini sentendo che le loro madri , apparentemente desiderose di farli andare all’asilo, sono in realtà molto ‘aggrappate a loro’ . Questi bambini possono continuare a lasciarsi accudire come bambini più piccoli, a dormire nel lettone dei genitori e rimanere con poche risorse e dipendenti.
Risultano quindi dei bambini ‘infantilizzati’, chiusi, angosciati se lasciati soli e spesso non riescono a frequentare in modo continuativo l’asilo.
A volte i genitori più o meno consapevolmente ‘spingono ‘ il bambino a progressi eccessivi ed eccessivamente precoci. Alcuni genitori ( questo ad es. si osserva molto frequentemente nei bambini nati prematuri che hanno esposto i genitori a forti angosce e preoccupazioni ) potrebbero avere bisogno di ricevere dal bambino continue conferme che tutto ‘proceda bene’. Questa ‘rassicurazione’ potrebbe passare sia dal punto di vista motorio per una esibizione delle propria precocità e della propria forza, sia dal punto di vista intellettivo .Alcuni genitori desiderano ardentemente che il loro bambino cominci a parlare presto, che si comporti bene all’asilo –nido e che più tardi inizi a scrivere il proprio nome e sia ‘ferrato’ a scuola. Il bambino viene allora a trovarsi oppresso da richieste di successi che possono creare in lui una grave tensione e spesso produrre il contrario di ciò che si desidera. Egli si adombra di fronte a questa costante obbligazione di riuscire, di far meglio di altri bambini , e può darsi che si rifiuti ostinatamente di imparare . Egli vuole avere la dimostrazione di essere amato anche quando ‘non è il primo della classe’. In altre occasione diventa un bambino precoce , molto adattato e intelligente ma che a volte è poco in contatto con i sentimenti soprattutto che riguardano il tipo di rapporto con i propri genitori.
Anche l’ambiente fisico è importante, soprattutto per quanto riguarda l’apprendimento motorio: nella esperienza clinica può capitare di trovarsi davanti a ritardi nello sviluppo motorio dovuti alla poca possibilità di sperimentare del bambino lo spazio e il proprio corpo. Alcuni bambini non hanno avuto lo spazio fisico per sperimentare le loro nuove acquisizioni motorie.
A volte si tratta di famiglie di basso livello economico che vivono in una unica stanza con poco spazio a disposizione , in altri casi si tratta di problematiche emotive che impediscono di dare la possibilità di muoversi ad esempio su un tappeto o una coperta messa per terra dove possono rotolare, tentare di mettersi seduti. (a volte , data l’indicazione del pediatra a fare dormire i bambini a pancia in su per evitare le cosi dette morti in culla, molte madri evitano di mettere anche durante il giorno da sveglio il bambino anche a pancia in giù tanto che alcune acquisizione come quella di sollevare il capo, liberando le vie aeree e di manipolare un oggetto da prono , vengono ritardate. )
Capite che ogni ‘ambiente’ ha la sua particolarità e gli esempi di ambienti potenzialmente ‘difficili’ per il bambino possono essere infiniti.
Passiamo infine all’ultima domanda che riguarda i destini del gioco e la sua collocazione nella vita di un adulto sano.
Una prima interessante considerazione deriva dal paragone dell’uomo con agli animali. Anche gli animali giocano, ma c’è una differenza rispetto a noi: Il rallentamento dell’evoluzione giovanile nell’uomo costituisce la premessa a che l’uomo non arresti il proprio comportamento di curiosità con il passaggio all’età adulta, ma al contrario mantenga quella ‘apertura al mondo’ che addirittura lo costituisce, finché la vecchiaia non vi ponga fine . Il gioco e il comportamento di curiosità nella maggior parte degli animali, invece, terminano con l’età adulta. Giocare e incuriosirsi per ciò che è sconosciuto è quindi molto ‘umano’.
Per spiegarvi , infine, dove si colloca l’area del gioco nell’adulto vorrei introdurvi l’immagine dell’orsacchiotto preferito ( o altro gioco, oggetto) del vostro bambino o bambina.
Quando glielo avevate comprato quello era un orsacchiotto qualunque, uno dei 250000 orsacchiotti che la fabbrica x ha prodotto e ha commercializzato. Era un oggetto esterno.
L’orsacchiotto è stato odiato, maltrattato, sporcato, accarezzato, coccolato ed è diventato il suo ‘Bibo’. Ora che vostro figlio lo tiene con sé per addormentarsi , oppure mentre guarda la T.V, non c’è da discutere sul fatto che il ‘Bibo’ abbia un particolare carattere, una storia particolare , delle sue preferenze e sia indissolubilmente legato alla storia e ai sentimenti di vostro figlio. Non c’è da discuterne. Un nuovo orsacchiotto della stessa marca e dello stesso tipo non sarebbe più il ‘Bibo’. Vostro figlio non lo ‘riconoscerebbe’. Era un oggetto esterno ma ora è diventato il suo orsacchiotto, insostituibile.
Lo stesso succede a noi adulti: anche per noi prima esisteva una piazza del tal paese . Ma poi l’abbiamo attraversata ogni mattina per 10 anni per recarci al lavoro, dalla fidanzata o dalla zia ed ora esiste la nostra piazza, insostituibile; oppure: anche per noi prima esisteva un bar all’angolo ed ora esiste il nostro bar all’angolo, insostituibile, dove abbiamo bevuto 1000 caffè con 1000 stati d’animo differenti; oppure: anche per noi prima esisteva un lavoro di impiegato ed ora esiste il nostro lavoro con annessi e connessi.
Da adulti l’area del gioco si amplia e abbraccia tutto ciò che circonda la vita di un individuo. Allora la piazza, il bar ,il lavoro o la famiglia diventano ‘ vivi’ come l’orsacchiotto al quale è tanto legato vostro figlio.
Può capitare da adulti che, per vari motivi, non si riesce a mantenere aperta questa area intermedia , per cui la piazza , il lavoro, il bar o la famiglia diventano luoghi scontati e banali, dove non ci si sente vivi, oppure dominano le angosce o le preoccupazioni e non si può ‘giocare’ con tutto questo.
Concludo augurandomi che voi possiate in qualche modo giocare con tutto ciò che vi appartiene e mantenere questa area viva nella vostra vita e in quella dei vostri figli.
Dott. O. Uccellini
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