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Arcimboldo



Celebre per il suo stile, nel quale gli elementi vegetali e le figure animali divengono attributi antropomorfici, Giuseppe Arcimboldo rappresentò una fonte di ispirazione inesauribile per gli artisti del seicento e dei secoli successivi.
Il Palazza Reale di Milano ha ospitato una mostra, conclusasi il 22 maggio 2011, che ha messo in evidenza l'influenza che la tradizione artistica milanese e lombarda ebbero su Arcimboldo. La curatrice Ferino-Pagden (del Kunshistorisches Museum di Vienna) proponeva l’ipotesi che la serie delle famose "teste composte" conservata a Monaco di Baviera sia precedente, e pertanto di origine lombarda, a quella realizzata presso la corte austriaca, rinsaldando con questa analisi il legame artistico dell’Arcimboldo con Milano: le sue bizzarrie sono frutto e rielaborazione delle influenze dell’arte lombarda e quindi probabile causa, non conseguenza, della sua chiamata oltralpe.
Nella foto si vede l'Opera di Philip Haas: Winter; era stata esposta per l'occasione davanti all'ingresso della mostra. Opera a tutto tondo alta oltre tre metri ispirata alla testa composta dell'Inverno di Arcomboldo.


Il padre Biagio Arcimboldo o Arcimboldi era pittore presso il Duomo di Milano.
E' ancora un problema irrisolto la versione corretta del nome dato che lo stesso Giuseppe si firmava in modo diverso di volta in volta.
L'origine del nome è alemanna e la storia del casato risale ai tempi di Carlo Magno al cui seguito c'era un nobiluomo d’origine alemanna Saitfrid Arcimboldi.

Il precoce contatto di Giuseppe con l'arte fu favorito dall'amicizia del padre con Bernardino Luini allievo di Leonardo da Vinci. Non è documentato un contatto diretto con i due artisti, ma è noto che grazie al Luini Arcimboldo ebbe l'opportunità di venire in possesso degli appunti e dei quaderni con gli schizzi di Leonardo.
Un'intensa esercitazione sullo studio dei volti da parte degli allievi di Leonardo era caratteristica. In Leonardo il passaggio dall'esasperata indagine di caratterizzazione fisiognomica all'esplicita realizzazine di teste grottesche appare assai sottile, partendo dalla sua analisi di tratti espressivi del volto umano.
Come ha sotolineato Gombrich, Leonardo era allo stesso tempo fortemente attratto dal fenomeno della bellezza come da quello della bruttezza, "le bellezze con le bruttezze paiono più potenti l'una per l'altra".

Gianangelo, nipote di Giovanni Arcimboldo, fu arcivescovo di Milano e, prozio di Giuseppe, ebbe un ruolo importante nella formazione del giovane fornendogli contatti con artisti, letterati, eruditi e umanisti che frequentavano la sua casa.
Arcimboldo coltivò contatti anche con filosofi e altri scienziati dell'epoca e debuttò come pittore nel 1549 a soli 22 anni come aiutante del padre presso il Duomo di Milano. Si sa poco della giovinezza dell'Arcimboldo fino alla sua comparsa nei libri contabili del Duomo per il quale, proprio come suo padre, forniva i disegni per le vetrate eseguite poi da Currado Mochis. Oltre a ciò, produceva gli accessori di cui la Fabbrica aveva bisogno per iniziative quotidiane e occasioni speciali (stendardi procesisonali, stemmi e baldacchini), nessuno dei quali è giunto fino a noi.
Currado Mochis da Colonia, maestro vetraio, dopo avere completato fino al rosone il finestrone absidale dell'Apocalisse, nel maggio 1548 viene assunto con l'impegno di lavorare esclusivamente per la Fabbrica del Duomo. Assicurata la perizia tecnica di Currado, occorreva per i disegni l'opera di un maestro aggiornato agli esiti italiani. Il 22 novembre 1549, Biagio Arcimboldo è pagato dalla fabrica per avere consegnato trenta disegni per differenti vetrate; quattro giorni dopo il figlio Giuseppe, poco più che ventenne, è pagato per altri quattro disegni. L'anno successivo, per tutto il 1550, Biagio consegna, a intervalli mensili, altri quattro disegni. Complessivamente ammontano a sessantotto i disegni dei due artisti.

Nel 1556 lavorò nel Duomo di Monza, testimonianza più importante della produzione giovanile di Arcimboldo, con un affresco nel transetto meridionale, rappresentante l'Albero di Jesse, disegnato ed eseguito in collaborazione con Giuseppe Meda. Nel contratto detagliato risulta chiaro che Arcimboldo e Meda erano collaboratori alla pari. Meda era più esperto, aveva lavorato per Bernardino Campi, il pittore più influente della metà del Cinquecento, mentre Arcimboldo era alla sua prima esperienza significativa. Il transetto settentrionale fu assegnato a Giuseppe Meda dopo la partenza di Arcimboldo da Milano.
L'attività milanese di Arcimbldo si concluse verosimilmente con il concorso per il Gonfalone di Sant'Ambrogio oggi al Castello Sforzesco. Uno dei più grandi tra tutti i gonfaloni italiani, ebbe costi altissimi e rappresentò una delle commesse più importanti della Milano di metà secolo.
Nel 1558 fu impegnato nella realizzazione di un cartone per un arazzo nel Duomo di Como.

L'insistente richiesta dell' imperatore Ferdinando I fece in modo che Arcimboldo si trasferisse a Praga nel 1562, in veste di ritrattista di Corte ("Hof-Conterfetter"). Presso la corte dell'imperatore fu molto ben veduto e ben pagato, non solo per i suoi dipinti, ma anche per molte sue altre invenzioni come giostre, giochi e decorazioni per matrimoni e altre feste. Uno dei favoriti dell' imperatore Massimiliano, non fu meno lodato e amato dal figlio Rodolfo che gli fu successore. Servì per ben ventisei anni la casa d'Austria e dovette supplicare l'imperatore per due anni, per poter tornare in patria e godere della sua vecchiaia. Durante il servizio prestato sotto Ferdinando I, in soli due anni Arcimboldo dipinse numerosi ritratti della famiglia reale e la prima serie delle " Quattro Stagioni". Un improvviso mutamento di stile, caratterizzato da una singolare concezione artistica dell' immagine emersa dai suoi dipinti fu basilare per il successo di Arcimboldo dato il tale entusiasmo che aveva suscitato a regnanti e contemporanei. I quadri di Bosh, Brughel, Cranach, Grien e Altdorfer determinarono la completa esternazione di questo nuovo modo di esprimere il suo talento artistico. Dopo la morte di Ferdinando I, la condizione di Arcimboldo come ritrattista di corte stipendiato 20 fiorini al mese rimase invariata anche sotto il regno di Massimiliano II, questi era disposto inoltre a generosi supplementi se un quadro gli risultava particolarmente gradito. Per dodici anni fino al 1576 lavorò presso Massimiliano e dipinse nel 1566 "I Quattro Elementi" e "Il Giurista", nel 1572 una serie delle "Quattro Stagioni", un "Autunno" e un "Inverno", nel 1573 due serie delle "Quattro Stagioni" e nel 1574 "Il Giurista" e "Il Cantiniere"

La bizzarria dell'A. non ha precedenti nella pittura cinquecentesca sebbene atteggiamenti consimili si ritrovino, con altro spirito, in certe espressioni delle arti minori nordiche (oreficeria, intarsio, illustrazioni di libri matematici e astrologici). Benché si voglia vedere nell'A. un capostipite del surrealismo, tutta la sua arte è improntata a una 'diversa ispirazione e a una diversa intenzione: il surrealismo dell'A. è vitalizzato da un gusto caricaturale e buffonesco per cui la sua deviazione dalla realtà, e dalla riproduzione idealizzata della realtà si presenta ben diversa dall'inteUettualistica, congelata deformazione del surrealismo modemo, e acquista una più valida vitalità di forma e di contenuto.

Giuseppe Arcimboldo muore l'11 luglio 1593 a Milano. E’ seppellito a San Pietro della Vigna, con un'epigrafe di Cesare Besozzi: “Jospho Arcimboldo viro integerrimo pictori clarissimo comitique palatino qui Ferdinando, Maximilia II, Rudolpho II imperatoribus semper fuit Caesar Besutius tanti viri familiarissimus l.s.”.
 
Bibliografia:
Enciclopedia Treccani;
Arcimboldo: artista milanese tra Leonardo e Caravaggio, a cura di Sylvia Ferino-Pagden.

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